La Cucina Lariana

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saro61
CAT_IMG Posted on 16/9/2013, 00:22     +1   -1




La Cucina Lariana




Il territorio lariano (che oggi ingloba le aree delle provincie di Como e di Lecco e dal quale possiamo escludere la fascia meridionale che si tuffa nella Brianza) presenta tradizioni e usi alimentari abbastanza omogenei, incentrati su alcuni fattori ambientali e climatici (il lago, la montagna) che hanno influenzato un peculiare orientamento verso lo sfruttamento di specifiche risorse.
In questa vicenda anche la storia ha giocato un ruolo affatto trascurabile: la frequente opposizione verso i milanesi, il fatto che le grandi vie di commercio verso il Nord Europa passavano un tempo (e ancora oggi) di qui, e, in tempi più recenti, l'attrattiva turistica delle aree lacustri, hanno determinato il radicamento di stili gastronomici piuttosto stratificati e differenziati dal resto delle aree lombarde.

Rispetto a molte tradizioni alimentari dell'Italia Settentrionale, la razione tipica lariana, pur conservando una generale impronta pauperistica, è molto più varia: per le basi amilacee, oltre al riso, al mais e alle patate, si fa ampio ricorso ai cereali minori (miglio, orzo, segale, avena), al grano saraceno e alle castagne; fra le carni, la preferenza va a quelle bianche o di selvaggina, con inferiore insistenza verso quelle bovine e, soprattutto, di maiale; il pesce di acqua dolce non è una presenza sporadica; gli ortaggi sono ampiamente rappresentati e, insieme alle erbe selvatiche, vanno ad arricchire le minestre e le zuppe più povere; la stessa frutta (grazie alla benevolenza del clima) è presente in buona varietà.

Ma è soprattutto nei condimenti che la cucina tipica lariana assume connotati originali: all'impero del burro e del lardo (una costante dei moduli padani) si contrappone il ricorso abbondante all'olio di oliva (di produzione locale, e dotato di una caratteristica leggerezza) e agli oli vegetali (di linosa, di noci, di ravizzone). Nemmeno il ricorso al burro o al consumo di formaggi grassi è così dominante come si potrebbe pensare sulla base della locale specializzazione produttiva: questi prodotti erano per lo più commercializzati nella più ricca Milano, mentre sulla mensa lariana restavano, come ingredienti, gli scarti della lavorazione casearia: siero e latticello.
Non è un caso, fra l'altro, che le persistenti carestie che hanno afflitto l'area padana e financo la Brianza (e le malattie conseguenti, soprattutto la pellagra dovuta all'alimentazione monomaidica), hanno in parte risparmiato le popolazioni lariane, per la saggezza nel comporre formulazioni sì povere ma nutritivamente equilibrate.


Antipasti

Fitascetta

Ingredienti: PASTA DI PANE (600 g),
CIPOLLE (500 g),
BURRO (75 g),
OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA,
SALE, PEPE e ZUCCHERO (q. b.),
FORMAGGIO CASERA D’ALPE (a piacere)
Esecuzione:
Affettare finemente le cipolle e soffriggerle nel burro, a fiamma bassa, senza farle colorire
Condire con sale e pepe
Bagnare la pasta di pane con poca acqua tiepida e reimpastarla, facendola restare morbida.
Ungere con olio una teglia da forno
Fare un rotolo con la pasta e adagiarla sulla teglia, unendo le estremità così da formare una ciambella.
Disporre le cipolle sulla superficie della ciambella e spolverare di zucchero
Cuocere in forno a 180° per circa mezz'ora: la ciambella deve risultare croccante, leggera, profumata
A piacere aggiungere, appena sfornata, scaglie di Casera d'Alpe e mangiare calda

Frittata con le ortiche

E' un classico cibo di sussistenza, il cui consumo di massa ritorna d'attualità solo in casi di eccezionale carenza di generi alimentari: l'ultima volta è stato nel corso della guerra 1940-45. Oggi è, se ci si passa il termine, una raffinatezza per ghiottoni inveterati.


Ingredienti: PUNTE DI ORTICA (1 bel mazzetto),
UOVA (n.6-8),
BURRO (30 g),
FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (2 cucchiai),
SALE (q.b.),
PEPE (q.b.)
Esecuzione:
Lavare bene le punte di ortica
Mettere poca acqua in una casseruola e portarla a ebollizione
Scottare le punte di ortica nell'acqua bollente per pochi minuti, scolarle e strizzarle
Riunire le uova in una ciotola, salarle e sbatterle leggermente
In una padella insaporire le punte di ortica con il burro e versarvi sopra le uova
Insaporire la frittata con il grana e un pizzico di pepe
Dopo circa 5 minuti, voltare la frittata e finire di cuocere


Lumache trifolate




valore nutritivo

Preparazione diffusa in tutta la Lombardia, nell’area subalpina è proposta più frequentemente per l’abbondanza naturale (soprattutto in primavera e in autunno) di questo mollusco gasteropode di terra. Insieme alle rane, ai gamberi e ad altri animali minori (gatto selvatico, ghiri, scoiattoli), che un tempo erano oggetto di caccia o di raccolta occasionale, le lumache sono oggi sovente oggetto di forte preferenza o forte avversione sul piano gastronomico. Ormai diffusamente allevate, nel nostro Paese sono proposte ovunque, sebbene nessuna preparazione abbia raggiunto la notorietà dei modelli gastronomici francesi (lumache alla borgognona).


Ingredienti: LUMACHE INTERE (1 kg),
BURRO (80 g),
AGLIO (n.2 spicchi),
PREZZEMOLO (n.3 pugni),
VINO BIANCO SECCO (150 mL),
SALE (q.b.).
Esecuzione:
(Spurgare le lumache ed eliminare i gusci)
Tagliare le lumache a pezzettini
Riscaldare in una pentola 50 g di burro e farvi soffriggere 2 spicchi di aglio e 2 pugni di prezzemolo tritato
Aggiungere le lumache a fuoco più vivo, mescolare ed incorporare il vino
Cuocere per circa 40 minuti nella pentola incoperchiata
Scoprire la pentola, lasciare addensare il fondo di cottura, aggiungere 30 g di burro ed 1 pugno di prezzemolo tritato
Servire con polenta fresca, fritta o arrostita


Missoltini




valore nutritivo

I missoltini (misultit) sono una semiconserva ittica agoni salati ed essiccati), tipici del lago di Como: forse proprio all’uso del sale devono il loro nome. I più pregiati sono quelli ottenuti dalla pesca nel mese di maggio (sebbene oggi sia vietato) su fondali sassosi, ove gli agoni vanno a deporre le uova. I missoltini sono ormai una specialità / rarità gastronomica, imparentata con altre formulazioni più povere, come i saracch o l’aringa. Anche l’uso di accompagnarli con la polenta rimanda alle tipiche combinazioni di tutto il pesce azzurro con alimenti ricchi di carboidrati complessi (amido).


Ingredienti: MISSOLTINI (n.12; 800 g circa),
PREZZEMOLO TRITATO (2 cucchiai),
OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA (6 cucchiai),
ACETO (6 cucchiai),
POLENTA ABBRUSTOLITA (6 fette, 600 g)
Esecuzione:
(preparare una polenta, tagliarla a fette)
Risciacquare i missoltini in acqua tiepida con aceto per eliminare l’eccesso di sale ed il grasso rassegato
Con il batticarne, pressare i missoltini delicatamente
Porre i missoltini su una griglia sufficientemente calda o, se si usa la piastra, in leggera inclinazione per evitare che friggano nel loro olio
Grigliare per pochi minuti
Rimuovere le scaglie con un coltello
Deporli su un piatto di portata, cospargere con prezzemolo tritato, aceto e olio
Servire in combinazione alle fette di polenta, anch’esse grigliate.

Nervetti in insalata




valore nutritivo

Così si chiamano (impropriamente, perchè i nervi non c'entrano niente) le cartilagini del ginocchio e dello stinco del vitello. Nervetto è italianizzazione della voce dialettale gnervitt = tendini. In passato i nervetti erano uno dei piattelli serviti nelle osterie per accompagnare la mescita al bianco, quale antipasto tipico della tradizione popolare milanese. Oggi i "nervetti" sono anche preparati, già cotti e pressati, a livello industriale e distribuiti nelle salumerie: in questo caso però si usa ogni genere di cartilagine e non solo quella del piedino.


Ingredienti: ZAMPETTI DI VITELLO (n.2),
GIRELLI DI VITELLO (n.2),
CIPOLLOTTI (n.3),
SEDANO (1 costa),
CAROTA (n.1),
OLIO DI OLIVA (4 cucchiai),
ACETO (1 cucchiaio),
SALE (q.b.),
PEPE (q.b.)
Esecuzione:
Pulire gli zampetti e i girelli e lavarli bene
Mettere sul fuoco una pentola con abbondante acqua, salare e unire la carota e il sedano
Appena l'acqua bolle, mettervi gli zampetti e i girelli
Fare cuocere per almeno due ore
Quando sono ben teneri levarli dal brodo e lasciarli intiepidire
Staccare tutta la parte nervosa dalle ossa e tagliarla a listerelle
Collocare i nervetti un un'insalatiera, unire i cipollotti affettati fini, un pizzico di sale e pepe
Condire con l'olio e l'aceto
Mescolare e servire


Note:
preparazione casalinga e commerciale
I nervetti alla casalinga, ottenuti facendo bollire a lungo le parti legamentose dei piedini e dei ginocchi di vitello assieme al lesso misto per fargli prendere più sapore, oggi possono essere sostituite, per la preparazione in insalata, con prodotti industriali, reperibili in salumeria o al supermercato. Si tratta di cartilagini provenienti da tagli anche diversi dalla gamba, già cotte, pressate sotto vuoto e solitamente addizionate di acido ascorbico come conservante. Una volta tagliate a listarelle e condite opportunamente, si prestano a risultati abbastanza simili a quelli tradizionali.

Pesce in carpione




valore nutritivo

Il carpione è un pesce di acqua dolce molto pregiato, parente della trota, ormai pressoché scomparso (in Italia si trova solo nel lago di Garda, dove la sua pesca è rigidamente regolamentata). Il carpione ha carni delicatissime, cosicché si usava prolungarne la conservabilità cuocendolo e addizionandolo di una salsa di aceto e verdure. Il nome di carpione è quindi trasmigrato alla preparazione, che vede l’impiego basilare di diversi tipi di pesce di acqua dolce.


Ingredienti: ALBORELLE (600 g),
AGONI (n.6),
OLIO PER FRITTURA (q.b.),
FARINA (150 g),
CIPOLLA (1/2),
SEDANO (1/2 gambo),
CAROTA (n.1),
AGLIO (1 spicchio),
PEPE NERO (n.6 grani),
CHIODI DI GAROFANO (n.3),
PREZZEMOLO TRITATO (20 g),
TIMO SELVATICO (o SEGRIGIÖLA) (1 mazzetto),
ACETO (1/2 litro),
VINO BIANCO SECCO (1/2 litro),
SALE (q.b.)
Esecuzione:
Pulire dalle interiora gli agoni e le alborelle, lavarli ed asciugarli
Infarinarli e friggerli in olio bollente, scolandoli con la schiumarola quando sono croccanti
Disporre il pesce nel vaso di terracotta
Tritare le cipolle, l’aglio, il sedano e la carota
Rosolare in poco olio il trito, imbiondendolo, e quindi aggiungere il timo, i chiodi di garofano e i grani di pepe.
Addizionare l’aceto e il vino, portare all’ebollizione
Versare la salsa sul pesce, dentro la terrina di terracotta, aggiungere il prezzemolo e coprire: si può consumare appena raffreddato, ma è conservabile per alcuni giorni al fresco.


Note:
la conservazione con aceto
La conservazione con aceto è una tecnica tradizionale diffusa anche per il pesce di mare (saor nel veneto, scapece nell’Italia Meridionale). L’acidità limita o inibisce lo sviluppo di microrganismi e intenerisce le carni. In pratica tutti i pesci sono adatti a questo tipo di lavorazione: in altre zone lacustri sono impiegate le anguille, le tinche, le carpe, oltre alle alborelle. Il carpione è disponibile, già marinato, nei negozi di gastronomia: in questo caso si abbonda con l’aceto per prolungarne la conservabilità.

Varianti:
Una variazione interessante alla salsa del carpione è la cosiddetta cunscia, cioè la concia, diffusa nei paesi del Lario meridionale. Si utilizzano le erbette, la menta e l’allium romanum (purasc) tritati finissimi; mentre al posto dell’aceto e del vino si impiegano aceto con uova sbattute e brodo vegetale aromatizzato: ne risulta una specie di zabaione all’aceto.

Primi piatti, zuppe e minestre

Brodetto di lavarelli




valore nutritivo
Originario dei laghi dell'Europa centrale, il lavarello o coregone
(Coregonus ps.) è un pesce della famiglia dei Salmonidi, importato
nei laghi italiani nella seconda metà del XIX secolo.
Il brodetto non è nient’altro che una gustosa zuppa - cioè una
minestra versata sopra fette di pane - non molto originale,
fatta eccezione per la presenza dello zafferano, rispetto a piatti
consimili presenti sul territorio del lago, spesso realizzati
mischiando pesci di più specie.



Ingredienti: LAVARELLI (n° 4, da c.a 250 g l'uno),
CAROTE (50 g),
IL SUCCO DI MEZZO LIMONE,
VINO BIANCO SECCO (50 ml),
CIPOLLA (50 g),
AGLIO (uno spicchio),
SEDANO (20 g),
POMODORI (ben maturi, 80 g),
ZAFFERANO (un pizzico),
ALLORO, SALVIA, TIMO, PREZZEMOLO (qualche foglia o un rametto di ognuno, per formare un mazzetto aromatico),
OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA (50 ml),
PANE (meglio se un po’
raffermo, 4 fettine),
PREZZEMOLO (20 g),
SALE (q. b.)
Esecuzione:
Pulire i lavarelli, ricavando da ogni pesce due filetti
Sciacquare sotto l'acqua corrente le teste, le spine e i ritagli dei pesci e metterli in una casseruola Affettare la cipolla e la carota e aggiungerle nella casseruola assieme al vino bianco, al succo dilimone
Coprire con circa 800 ml di acqua e salare
Portare a ebollizione e lasciare bollire a fuoco moderato per mezz'ora, quindi passare il brodo con il colino fine. Tritare la cipolla, l’aglio e il sedano e farli
colorire in un tegame con l’olio, aggiungendo subito la polpa di pomodoro (schiacciata con la forchetta), lo zafferano e il mazzettino delle erbe.
Mescolare bene, lasciare insaporire qualche minuto,
bagnare col brodo di pesce e aggiungere i filetti di lavarello.
Riportare a ebollizione e lasciare cuocere a fiamma bassissima per una decina di minuti. Un attimo prima di servire, dorare nell'olio le fettine di pane e adagiarne una in ogni fondina, assieme a due
filetti di pesce.
Togliere il mazzetto delle erbe e fare restringere il
brodetto a fuoco vivo, quindi versarlo sui filetti Tritare il prezzemolo, spargerlo sulla minestra e servire ben calda.


Note:
il court-bouillon

Il court-bouillon è un brodo profumato e saporito, ottenuto facendo bollire in acqua salata e vino bianco con gli aromi da brodo (talvolta fatti appassire con una noce di burro), i ritagli e le spine di pesce e il carapace dei crostacei. Si utilizza per i pesci che vengono cotti per affogatura o bollitura. Gli scarti del pesce vengono talvolta tritati prima della bollitura per permettere una migliore estrazione della sostanza. Ai normali aromi da brodo possono essere aggiunti,
a seconda del tipo di pesce usato, altre erbe aromatiche che daranno il carattere specifico al court-bouillon: alloro, timo, aneto, pepe verde.
Perché il court-bouillon risulti pulito sarebbe opportuno, anziché con il colino, filtrarlo attraverso la stamigna, cioè un pezzo di tela leggera in grado di trattenere tutti i residui solidi.

Gnocchi alla lariana




valore nutritivo

Gnocco significa propriamente grumo o protuberanza. Ben prima dello sfruttamento alimentare della patata, almeno dal Medio Evo, in tutta l’Europa meridionale si preparavano gnocchetti (cioè rotolini o palline) di farina bianca o di farina di mistura impastata con acqua o latte e variamente insaporiti. Dalla fine del ‘700, la patata si rivelò un economico succedaneo della farina di frumento, e gli gnocchi di patata subentrarono progressivamente a quelli prodotti fino a quel momento con gli sfarinati di cereali.


Ingredienti:
per l’impasto:
FARINA DI FRUMENTO (500 g),
UOVA (n° 2),
LATTE (500 ml),
SALE, PEPE e NOCE MOSCATA (q. b.);

per il condimento:
BURRO (80 g),
CIPOLLA (50 g),
AGLIO (uno spicchio),
PANCETTA (80 g),
POMODORI (ben maturi, 100 g),
ROBIOLA D’ALPE (100 g)

Esecuzione:
Amalgamare in una bacinella con un cucchiaio di legno, la farina, le uova e il latte,
fino a ottenere una pastella abbastanza consistente
Insaporire con sale, pepe e noce moscata
Portare a ebollizione una pentola con acqua salata
Versare a cucchiaiate la pastella nell’acqua sobbollente, facendo cuocere per circa un quarto d’ora gli gnocchi che si andranno formando
Nel frattempo, soffriggere nel burro lo spicchio d’aglio (che andrà poi tolto)
Affettare finemente la cipolla, ridurre i pomodori in filetti, tagliare a cubetti la pancetta
e la robiola
Riunire tutti questi ingredienti, ottenendo un sugo freddo
Scolare gli gnocchi e farli saltare in una padella con il burro
Versare sugli gnocchi anche il sugo freddo, fare amalgamare il condimento e servire
ben caldi.


Note:
zanzarelli, gnocchi e palline
Nella tradizione lombarda sono comuni sia gli gnocchi di forma cilindrica, sia quelli in cui l’impasto viene versato a cucchiaiate nell’acqua salata o nel brodo a seconda che
il piatto debba risultare asciutto o in brodo. Appartengono a questa tipologia alimentare i malfatti, gli strangolapreti, gli sbrofadej. Nella sua Cucina degli stomachi deboli (1842), Angelo Dubini crea un po’ di confusione, riportando una zuppa di gnocchi alla tedesca e una zuppa di gnocchi soffici alla polacca a fianco di una minestra quasi identica che egli definisce zuppa di gnocchetti alla romana. Tali attribuzioni
geografiche, al di là di quel tanto di esotico che manifestano, appaiono poco attendibili, solo che si pensi ai padanissimi gnocchi chiamati zanzarelli (o zazzarelli), descritti da Maestro Martino e da Bartolomeo Platina alla fine del XV secolo. L’origine geografica ha un senso solo se riferita a questo o quell’ingrediente che caratterizza non tanto gli gnocchi, quanto il condimento con cui sono insaporiti. Gli gnocchi alla lariana si distinguono dagli altri per l’impiego della robiola quale sostanza amalgamente di un sugo appena scottato.

Pancotto




valore nutritivo
Pancott o panada, uno dei piatti poveri comuni a tutte le regioni d'Italia, basato sul riutilizzo del pane raffermo o secco. Documentata da tempi antichissimi, la probabile ricetta archetipa si trova nella puls tractogalata del De re coquinaria attribuito ad Apicio

Ingredienti: PANINI TIPO MICHETTA (n.3),
BURRO (30 g),
OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA (1 cucchiaio),
ESTRATTO DI CARNE (1/2 cucchiaino),
FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (4 cucchiai),
SALE (q.b.)
Esecuzione:
Mettere a bagno i panini in acqua tanto abbondante da bastare per la minestra, per un paio d'ore
Romperli con la forchetta a piccoli pezzi e metterli nella casseruola con il burro, l'olio e sale
Mettere sul fuoco e portare a bollore
Aggiungere l'estratto di carne, farlo sciogliere e servire con il grana



Note:
pantrid e panada
Si tratta solo di una questione di parole. I ricettari, anche i più autorevoli, accettando acriticamente denominazioni locali senza indicarne con precisione la provenienza, l'epoca, né tanto meno delimitarne l'area geografica, contribuiscono spesso ad accrescere la confusione. Nella sostanza, i tre termini dialettali sono utilizzati come sinonimi, anche se, probabilmente, solo pancott e panada lo sono davvero, mentre pantrid indica un piatto analogo ottenuto però dal pangrattato anziché dal pane secco ammollato. Come l'aggiunta di un uovo trasforma il pantrid in pantrid maridàa, così con l'uovo si marida anche la panada: l'uno e l'altra segnalati in buona parte dell'area padana come tradizionali per solennizzare il pranzo della Pasqua.

Ris e erborin

Riso e prezzemolo. Erborin = erbetta, è uno dei nomi popolari, a carattere affettivo, del pedersem, dovuto con ogni probabilità al fatto che il prezzemolo è l'erbetta aromatica più diffusa nella cucina mediterranea.
Ingredienti: RISO (200 g),
FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (20 g),
BRODO DI CARNE (1.2 litri),
PREZZEMOLO (40 g),
BURRO (20 g)
Esecuzione: Lavare e tritare finemente il prezzemolo
Mettere sul fuoco una casseruola con il brodo e portare a bollore
Unire il riso e cuocere mescolando di tanto in tanto
Quando il riso è cotto, togliere dal fuoco e incorporarvi il prezzemolo e il burro
Mescolare bene, versare nella zuppiera e accompagnare con il grana

Note:
la qualità del brodo

La buona riuscita del ris e erborin dipende molto dalla qualità del brodo. Va da sé che un brodo di dado dà una minestra assai meno gradevole che non il brodo preparato in casa col bollito misto, o anche soltanto con il biancostato di manzo o con la carcassa di pollo. Il riso più idoneo è quello per minestre, maratelli o rizzotto. La minestra dovrà risultare piuttosto fitta di riso e i chicchi cotti a puntino.

Varianti:
Talvolta il prezzemolo è unito al brodo contem-poraneamente al riso, con una discreta perdita di qualità aromatica.
Raramente si consiglia di sostenere l'aroma del prezzemolo con mezza foglia di salvia, anch'essa tritata fine. Qualche versione rustica provvede ad ispessire il brodo con un paio di patate cotte a parte e passate al setaccio.

Abbinamenti:
Può precedere con gentilezza un piatto di arrosto o la cotoletta impanata, coi rispettivi contorni.
Si accompagna a un vino bianco dal profumo intenso e dal gusto non marcatamente acido, come il Tocai di San Martino della Battaglia.

L'ingrediente:
il brodo
Di minestre in brodo, più o meno lunghe, era veramente ricca la cucina tradizionale.
La facezia: "Padre priore, aumenta un frate..." "Brodo lungo e seguitate!" puntualizza proprio la centralità della minestra in brodo nella alimentazione povera, il suo essere cibo per antonomasia, in ragione della capacità di trasformarsi in sostanziosissima zuppa con l'aggiunta di (quasi) illimitate quantità di pane. Il brodo classico si ottiene facendo bollire, in abbondante acqua salata, carne mista di manzo (biancostato, reale, muscolo), una mezza gallina e un pezzo d'osso spugnoso assieme ad un mazzetto
aromatico composto da una cipolla, una carota, un gambo di sedano, due pomodori, un ciuffo di prezzemolo e due foglie di basilico. Come ricorda Pellegrino Artusi, per avere un buon brodo, bisogna mettere gli ingredienti nell'acqua fredda. La mezza
gallina dovrà essere tolta dalla pentola non appena sia cotta, per evitare che si disperda nel brodo a causa della cottura prolungata della carne di manzo. Man mano che il calore porta alla formazione di schiuma nerastra, dovuta alla solubilizzazione e
coagulazione dell'albumina presente nelle fibre della carne, la si asporta con la schiumarola.
Riso e latte

Minestra un tempo molto diffusa sia nel lodigiano sia nel milanese, nelle campagne e in città, il riso e latte (ris e latt) veniva generalmente consumato nel pasto serale servito in profonde scodelle di terracotta. Questo piatto di origine rinascimentale, riunisce i due ingredienti tipici della pianura lombarda.

Ingredienti: RISO COMUNE o ORIGINARIO (200 g),
LATTE FRESCO (1.2 l),
ACQUA (0.4 l),
ZUCCHERO (1 cucchiaio e 1/2),
BURRO (30 g),
SALE (q.b.)
Esecuzione: Mettere il latte e l'acqua in una casseruola; aggiungere il burro e lo zucchero e poco sale
Portare a ebollizione e aggiungere il riso
Cuocere su fuoco vivace mescolando spesso affinché la minestra risulti legata e consistente; aggiungere altro liquido bollente (3/4 di latte e 1/4 di acqua) se la minestra dovesse asciugarsi troppo
Quando il riso è cotto, togliere dal fuoco e lasciare riposare qualche minuto
Servire tiepido

Riso e cagnone

La denominazione viene dal lombardo cagnun = larva d'insetto: riso come larve, per l'aspetto che i chicchi di riso assumono dopo la cottura.

Ingredienti: RISO (500 g),
BURRO (100 g),
AGLIO (1 spic-chio),
SALVIA (6 foglie),
FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (80 g),
SALE (q.b.)
Esecuzione:
Cuocere il riso molto al dente in abbondante acqua salata
Nel frattempo schiacciare l'aglio e friggerlo a color nocciola insieme al burro e alla salvia
Scolare il riso e metterlo nei piatti
Scartare l'aglio e versare il condimento e il grana sul riso
Servire subito


Note:
qualche accorgimento per la preparazione

La preparazione è semplice ma, proprio per que-sto, necessita di alcuni accorgimenti, suggeriti dalla consuetudine. Il condimento deve essere pronto nello stesso momento il cui il riso, vialone o maratelli, cotto al dente, viene scolato, per evitare che passi di cottura. Il burro deve essere quasi fumante e aver preso un colore nocciola intenso, per ottenere, una volta versato sul riso, l'effetto di crogiolatura e di doratura tipico di questo piatto. Va consumato caldissimo.

Supa d'imbroj


L’imbroj, italianizzato in imbroglio era, nella cultura tradizionale delle campagne, il rito del fidanzamento. Pare, perché già da tempo l’usanza è stata abbandonata, che questa sostanziosa zuppa non di rado arricchita con erbe spontanee raccolte la mattina stessa e magicamente efficaci soprattutto se la notte c’era stato un temporale, si preparasse per tutti i familiari in occasione della promessa di matrimonio tra due giovani. Si tramanda che, servito in capaci tazze, questa sorta di minestrone versato su fette di pane raffermo venisse consumato sulla soglia di casa, prima che le due famiglie si riunissero all’interno per i festeggiamenti veri e propri.

Ingredienti:
OLIO EXTRAVERGINE (40 ml),
LARDO (100 g),
AGLIO (uno spicchio),
CIPOLLA (piccola, n° 1),
SEDANO (2 costole),
CAROTE (n° 2),
FAGIOLINI (300 g),
ZUCCHINE (n° 2),
PORRI (n° 1),
VERZA (piccola, n° 1),
COSTE (biete o erbette, 300 g),
BRODO DI CARNE (2000 ml),
PATATE (500 g),
CIME DI ORTICA (se ci sono, 150 g),
PREZZEMOLO (un ciuffo),
PANE (raffermo o tostato, 6 fettine),
SALE e PEPE (q, b.),
FORMAGGIO GRANA (grattugiato, a piacere)

Esecuzione:
• Nettare e lavare tutte le verdure.

• Battere sul tagliere il lardo fino a renderlo una poltiglia.

• Tritare l’aglio, affettare la cipolla, tagliare a tronchetti o a rotelle gli altri ortaggi, trinciare grossolanamente la verza, le coste e il prezzemolo.

• In una capace pentola far rosolare il lardo battuto con l’olio.

• Unirvi tutte le verdure, meno le patate e il prezzemolo, e far insaporire, mescolando per una decina di minuti.

• Coprire con il brodo, salare e pepare leggermente e lasciar cuocere coperto, a fuoco moderato per due ore da quando prende il bollore.

• Quarantacinque minuti prima del termine della cottura, aggiungere le patate a tocchetti.

• Cospargere con il prezzemolo, mescolare e servire con le fettine di pane e con il formaggio a parte.


Note:
la cottura delle minestre di verdura

Le minestre di verdura e i minestroni della tradizione sono nati tutti in un’epoca in cui il tempo era una delle poche ricchezze della gente comune. Siccome sono fatte di verdure di diversa consistenza che non cuociono negli stessi tempi, è necessaria una cottura dolce e lenta, molto dolce e molto lenta. Una volta le pietanze si cuocevano nel camino, spesso sulla brace coperta dalla cenere, proprio per mantenere una bollitura tranquilla (sobbollitura), Oggi si dovrà cuocere le zuppe di verdure con la fiamma molto bassa e col il recipiente coperto, per far disperdere il meno possibile le qualità aromatiche dei vegetali, per almeno due ore e mezzo, tre ore.

Strangolapreti o Malfatti


Un po’ di satira anticlericale nel nome di questo piatto (conosciuto in tutta la penisola anche come strozzapreti): il prete è il ghiottone per eccellenza, che si strozza per l’eccessiva foga nell’ingurgitare i saporiti (un autore dell’Ottocento li definisce leccardissimi) ma troppo compatti gnocchetti.

Ingredienti: Per gli strangolapreti:
PANE RAFFERMO (1000 g)
TUORLI D'UOVO (n.2)
LATTE VACCINO INTERO (1 l)
ERBETTE (500 g)
FARINA BIANCA 00 (70 g)
NOCE MOSCATA (q.b.)
SALE (q.b.)
PEPE (q.b.)

Per il condimento:
BURRO (150 g)
FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (50 g)
SALVIA (3 foglie)

Esecuzione:
• Spezzettare il pane e metterlo a bagno in una bacinella con il latte per almeno un'ora
• Lavare accuratamente le erbette, scottarle in poca acqua salata in ebollizione
• Scolarle, farle raffreddare, strizzarle e tritarle
• Unirle al pane ammorbidito nel latte
• Aggiungere i tuorli d'uovo e passare tutto al tritacarne
• Mettere l'impasto sulla spianatoia, regolare di sale, pepe e noce moscata e impastare con la farina aggiungendo se necessario il pan grattato
• Formare degli gnocchetti e cuocerli in acqua salata in ebollizione
• Appena vengono a galla, toglierli con una paletta forata e adagiarli in una pirofila
• Cospargerli di grana e burro fuso aromatizzato con la salvia
• Servire subito




Note:
La forma degli strangolapreti

A proposito della forma degli strangolapreti, come per altri piatti dello stesso tipo, i ricettari non concordano quasi mai tra loro: alcuni indicano la forma cilindrica, altri quella a pallina, altri ancora quella casuale ottenuta versando a cucchiaiate il composto nell’acqua bollente (malfatti, appunto, perché così acquistano una forma irregolare). Si intuisce che, laddove non esista un archetipo familiare o locale considerato irrinunciabile per ragioni affettive, nella sostanza non c’è alcuna differenza nello scegliere una delle tre forme.

Urgiada o Oriada


Questo nome identifica una classica minestra d’orzo, di consumo prevalentemente invernale e di diffusione ubiquitaria nelle zone montane della Lombardia, oltre che nella fascia collinare e prealpina. L’orzo è infatti un cereale molto resistente ai climi freddi. La scarsa adattabilità di questo cereale alla panificazione ne ha ridotto l’uso alimentare, diretto alle sole zuppe o minestre. Nell’antica Roma, il termine "hordearius" era attribuito a persone pompose e gonfie e ad oratori logorroici.


Ingredienti: ORZO PERLATO (200 g),
LATTE INTERO (1,5 L),
LARDO o PANCETTA (100 g),
PORRI (n. 2, 80 g),
CIPOLLA (n. 1, 60 g),
FAGIOLI BORLOTTI SECCHI (200 g),
PATATE (250 g),
ACQUA (1 L).
Esecuzione:
Lavare l’orzo in acqua corrente e metterlo a bagno per 12 ore circa
Preparare un battuto con cipolla, lardo, porri
Rosolare delicatamente il battuto nella pentola
Aggiungere l’orzo, coprire con acqua e allungare pian piano con il latte riscaldato a parte
Dopo 15-20 minuti di cottura, aggiungere i fagioli secchi (ammollati in acqua) e le patate tagliate a cubetti
Cuocere 1 ora, rimestando


Note:
urgiada, furmentada e minestre povere

Alla minestra d’orzo perlato si può accomunare la furmentada, ottenta dal frumento pilato. Anche in questo caso la cottura doveva essere lenta e un tempo era effettuata sul camino: in questo modo la cariosside si ammorbidiva, si legava con le altre verdure, ottenedo una specie di puls (polenta) dove si ammollava il pane secco. L’ingrediente prezioso in queste formulazioni era la pestada del lard, che insaporiva un piatto altrimenti rozzo. La minestra avanzata veniva riscaldata al mattino e consumata come colazione. Orzo o frumento erano comunque ingredienti già preziosi in Brianza: in forma di minestra si utilizzavano le ortiche, le foglie di primula, la malva, i cornagett (fagiolini), i luertis (luppolo selvatico), la zucca, oltre ovviamente ai fagioli e al riso.

SECONDI DI CARNI

Agnello alla valsassinese

Si tratta di una delle formulazioni più antiche e più semplici per
la cottura della carne degli ovini, diffusa con minime varianti in
quasi tutta l'Italia, ma anche nella penisola Iberica, nei Balcani
e nel vicino Oriente. Agnello all'aretina nella tradizione toscana,
a scottadito in quella romana, alla brace in quella delle regioni
del Meridione: cambia il nome, ma si tratta sempre dello stesso
archetipo alimentare.

Ingredienti:
AGNELLO ( 1,2 kg),
OLIO DI OLIVA (20 g),
AGLIO (2 spicchi),
ROSMARINO (un rametto),
TIMO (alcuni brindilli),
SALE E PEPE (q. b.).

Esecuzione:
Tagliare la carne a pezzetti e metterla a marinare in una scodella
con l'olio, il rosmarino tritato, il sale e il pepe.
Scaldare la pietra, quando sia ben calda disporvi sopra la carne,
rigirandola spesso per circa 40 minuti, bagnandola
quando si asciuga troppo con l'intingolo della marinata.
Servire caldissima.


Note:
cuocere alla pietra

La pietra per cuocere sulla fiamma viva, è propriamente una lastra di pietra ollare (composta di talco, clorite e mica), chiamata comunemente nel dialetto piöda (lastra, appunto, come quelle che si sfaldano sui fianchi delle montagne).
L'uso della pietra era abbastanza comune nelle valli e nelle case di montagna, prima della diffusione dei moderni barbecue e delle bistecchiere. Rispetto a questi attrezzi, la pietra garantisce, oltre alla facilità di pulitura e di conservazione, alcuni benefici di non poco conto. Evita il contatto diretto dei cibi con il fuoco (e quindi la carbonizzazione di parti più o meno
estese degli stessi), e garantisce la distribuzione diffusa del calore, permettendo una cottura omogenea. Non fa colare grassi sul fuoco, risparmiando così agli alimenti l'esposizione ai residui della combustione delle particelle lipidiche.
Il discreto potere assorbente delle pietra, inoltre, fa sì che gli alimenti, soprattutto le carni, siano sempre in contatto con la quantità di grassi necessaria alla cottura.


fonte dal web


Edited by saro61 - 19/9/2013, 02:35
 
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