Mimmo Carlomagno ,cantautore lucano

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saro61
CAT_IMG Posted on 28/3/2014, 02:20     +1   -1







Mimmo Carlomagno , cantautore lucano , ha all’attivo 14 Album. La sua carriera inizia nel 1972. L'ultimo singolo è Basilucania. In genere la popolarità di un cantante è sempre legata ad una canzone particolare. Certo, nessuno può negare che vi concorrano molti altri elementi ugualmente importanti. La personalità dell’artista stesso, il “lancio” nel momento più favorevole, una fortunata trasmissione televisiva, un atteggiamento caratteristico che fa, di colpo, del cantante un “personaggio”. Tuttavia una canzone “quella” canzone , ha più di ogni altro elemento il potere di focalizzare l’attenzione del pubblico sull’interprete. Ed è,anzi, talmente forte questo potere che il cantante finisce per esserne vittima: il pubblico, cioè, lo identificherà sempre con quella tale canzone. È capitato a tutti, non si finirebbe più di elencare esempi. MIMMO CARLOMAGNO. si affacciò nel mondo della musica con le canzoni dialettali della sua terra. ” LU CIUCCIU DA FATIA” ” U SAFATIATU ” “LU ZAPPATURU” ” LU DILLORGIU”…. … È rischioso e difficile sottrarsi al cliché iniziale…ma Carlomagno, nel percorrere la difficile strada della musica, ha cercato di scrollarsi di dosso quel cliché e ha dimostrato che lavorando sodo e con grande forza di volontà si possono raggiungere mete importanti. Sono nato in una contrada, l’ultima della campagna ; i prati e i campi di grano che sono stati i sentieri della mia infanzia ci sono ancora, ma i campi arati sono sempre meno e i rovi invadono i vigneti dove la mano del contadino non opera più. Non c’era la luce elettrica né strade, l’acqua si attingeva dai pozzi o dalle sorgenti. Ricordo una grande quercia vicino al pollaio ed ero così piccolo che entravo dal buco dove passava una gallina, per prendere l’uovo e portarlo a mia madre che puntualmente mi sgridava; ricordo tanti piccoli particolari della mia infanzia ma sono passati cinquant’anni e per fortuna vivo ancora in quella contrada, c’è la luce elettrica e l’acqua sgorga dai rubinetti. Era il 1949. Della guerra mi hanno raccontato mio zio che era stato prigioniero in SUDAFRICA e mio padre che ferito su una nave in GRECIA, fu deportato in GERMANIA, buttato nei campi di concentramento e poi messo su un carro bestiame. Come tornò in ITALIA non ricordo ma riuscì a portare la pelle a casa anche se con una gamba a pezzi; ma quello che mi fa più rabbia è che non può raccontarmi nulla perché non c’è più e solo adesso capisco quando sono stato poco con mio padre, quanto poco tempo siamo stati insieme. Oggi quante cose vorrei chiedergli, chissà quante cose avrebbe voluto insegnarmi ancora, ma la vita è questa; appena riesci a scappare dal nido prendi il volo senza mai voltarti. Non sono figlio d’arte, ma non ho niente da rimproverare a mio padre che non mi fece mancare nulla di quelle poche e importanti cose che poté darmi. A quei tempi i figli dei contadini non potevano studiare, anzi chi andava a scuola era considerato sfaticato e buono a nulla. Lui non aveva studiato ma volle a tutti i costi se pur con tanti sacrifici che i suoi figli potessero studiare. Per noi della campagna si conosceva solo la scuola elementare; la scuola media era un lusso solo per chi poteva permetterselo, in campagna non esisteva e ancora oggi non esiste una scuola media anche se sono passati 50 anni. Bisognava andare in paese, il centro dista 20 km di auto oggi, ma 50 anni fa 4 ore di mulo, i contadini sono sempre stati sottomessi ai notabili del centro. Oggi, per fortuna le cose stanno cambiando, la rivoluzione è iniziata. Finita la scuola elementare mi trasferirono al centro presso una signora che faceva pensionato e li potei frequentare la scuola media. Era l’inizio dei favolosi anni 60; Zia Rosaria mi teneva con i suoi figli già grandi. La scuola era diversa, o imparavi o peggio per te, ma credimi, era bello così anche se eravamo ragazzi come i ragazzi di adesso, ed anche noi preferivamo andare in giro. Forse adesso mi rendo conto che ognuno nasce predisposto per certe cose che dovrà fare nel cammino della vita. Ricordo che una mattina l’insegnante di Italiano fece una proposta a tutta la classe: ” Ragazzi chi scriverà la migliore poesia sulla Primavera avrà in premio 5 numeri del Giornalino”. Era un giornale per ragazzi un po’ come il CORRIERE DEI PICCOLI che si trovava dal libraio. Ho chiesto tante volte alla maestra se poteva darmi quella poesia, mi ha sempre detto che la conservava ma non l’ho mai avuta. Ricordo i miei compagni che scopiazzarono su tutti i libri mentre io scrissi la mia poesia con le cose che sentivo e vinsi quei cinque numeri. Dopo la licenza media dovetti ritornare in campagna; continuare era impossibile, costava troppi soldi ed allora bisognava imparare un mestiere oppure rimanere nei campi. Era il 1963 i primi televisori li avevano solo le famiglie benestanti del paese, in campagna nemmeno si riceveva il segnale ma non se ne conosceva ancora l’esistenza, eravamo cosi lontani dal mondo che nemmeno immagini. Riuscivamo a vedere un mezzo festival di SANREMO presso un’osteria che aveva il Televisore; ricordo che si racimolavano 25 lire e si andava a bere una gassosa così potevamo rimanere nel locale per un po’, ma ricordo anche che sul più bello se non si prendeva la seconda gassosa spegnevano e addio tutto. Un libretto delle ” MESSAGGERIE MUSICALI ” pubblicava i testi delle canzoni del Festival. Per due anni di seguito sono riuscito ad azzeccare la canzone che avrebbe vinto solo leggendo il testo. Nel 1963 TONY RENIS ” UNO PER TUTTE” nel 1966 DOMENICO MODUGNO ” DIO COME TI AMO” . Sono convinto che allora se scrivevi una bella canzone ti premiavano solo perché era bella ma erano altri tempi. Ho sperimentato in quegli anni tanti mestieri. Provai a fare il fabbro ma la saldatrice mi faceva male agli occhi e per sei mesi la notte stavo sempre con due fette di patate sugli occhi per poter dormire. Provai dal meccanico ma tornavo a casa più nero dell’olio bruciato; andai da un radiotecnico perché volevo imparare il mestiere del radio riparatore, ma questo tutto m’insegnava fuori che il mestiere; faceva il commerciante e stava sempre in giro con donne di varia estrazione e mi resi conto che non poteva andare. Così un giorno tornai a casa in campagna e dissi ai miei se potevo riprendere a studiare. Loro mi risposero ” figlio mio se studi tu devono studiare pure gli altri!” Eravamo in quattro, così ritornai in paese, ad abitare da una zia. Una sera andando in giro qua e la passando davanti ad una salumeria mi sono fermato a parlare con un amico. Parlando del più e del meno mi disse se volevo andare a lavorare li perché serviva un altro garzone. Prendevo 10 mila al mese più colazione e pranzo, la sera cenavo da mia zia e mio padre portava patate, fagioli, pane e farina. Era il 1965 e il mio primo incontro con la musica fu proprio in quella occasione perché Giuseppe il mio collega, andava dal maestro di musica ad imparare la chitarra; fu lui che mi inizio alla musica.Provided by artist representative
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