Colobraro, il paese senza nome

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saro61
CAT_IMG Posted on 6/7/2014, 21:40     +1   -1




Colobraro, il paese senza nome







un centro agricolo dell'Appennino lucano nella valle del fiume Sinni. Sorge sulle pendici meridionali del Monte Calvario a 630 m s.l.m., arroccato su uno sprone dal quale domina da sinistra un ampio tratto della valle, nella parte sud-occidentale della provincia al confine con la parte sud-orientale della provincia di Potenza. Il paese si trova nei pressi della Strada statale 653 della Valle del Sinni (che collega Policoro a Lauria) e non lontano dal bacino artificiale formato dalla diga in terra (la più grande in Europa) costruita sul fiume Sinni tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli anni ottanta in prossimità della stretta di Monte Cotugno e da cui prende il nome di Lago di Monte Cotugno. Confina con i comuni di Valsinni (8 km), Tursi (15 km), Senise (PZ) (19 km), Rotondella e Sant'Arcangelo (PZ) (22 km) e Noepoli (PZ) (23 km). Dista 80 km da Matera e 126 km dal capoluogo di regione Potenza.

Antico centro basiliano, appartenne alla Badia di Santa Maria di Cersosimo di cui seguì le sorti fino al secolo XII. Posseduto per breve tempo dal conte Bertaimo d'Andria, passò ai Conti di Chiaromonte e da questi, nel 1319, ai Sanseverino di Tricarico. Assegnato a metà del secolo XIV ai Poderico, fu successivamente dei Pignatelli, dei Carafa (principi dal 1617) ed infine dei Donnaperna. La parrocchiale conserva un trittico (Madonna col Bambino) del secolo XIV; nella chiesa dei Francescani vi sono ricchi altari in marmo policromo.

Il "paese senza nome

Nei paesi vicini, il paese è chiamato anche, in modo scaramantico più che dispregiativo, "Quel paese", in dialetto lucano (a seconda dei paesi): Cudde puaise (a Montalbano Jonico) o Chille paìse (a Valsinni). Ciò a causa della presunta innominabilità della parola "Colobraro" per la credenza superstiziosa che la semplice evocazione del nome porti sfortuna. È divenuto leggenda metropolitana a tutti gli effetti[2] che tale innominabilità risalga ad un aneddoto di prima della seconda guerra mondiale. L'allora podestà (carica istituzionale equivalente a quella odierna di sindaco), avvocato di grande cultura e persona molto nota alla fine di una sua affermazione avrebbe detto qualcosa del tipo: "Se non dico la verità, che possa cadere questo candelabro". A quanto pare in seguito il candelabro sarebbe caduto davvero, secondo alcuni facendo molte vittime, secondo altri in una stanza deserta. Più probabilmente, la sinistra fama del paese deriva dalla credenza, soprattutto degli abitanti dei paesi vicini, nelle arti magiche di alcune donne che vi dimoravano nel secolo scorso, tra cui la famosa "Cattre", al secolo Maddalena la Rocca, immortalata da Franco Pinna nei primi anni cinquanta, una "masciara", ovverosia una maga locale. Il famoso antropologo Ernesto De Martino visitò il paese nel 1952 (dal 29 settembre al 29 ottobre) e successivamente nel 1954 (tra l'8 e il 14 agosto), e riferì di essere stato protagonista, in accordo con la superstizione, di episodi sfortunati insieme al suo gruppo di ricerca (di cui faceva parte lo stesso Pinna).

Caratteristica citata addirittura su Wikipedia, l’enciclopedia collettiva online. Il solo nominarlo - Colobraro - sarebbe foriero di sventura. Chi scrive, avendo in odio ogni forma di superstizione, ha deciso di sfidare la iella, raccontandovi tutti i segreti di una fama che affonda le radici nella malasorte. Sono sicuro che arriveremo in fondo a questo articolo sani e salvi.

Non è vero ma ci credo
Nel sito del Comune di Colobraro, su questa storia del «paese innominabile» è attivo un forum in cui i cittadini rispondono alla loro sinistra nomèa nel mondo più intelligente: con l’autoironia. Scrive Gaetano F.: «Perché non pensare a visite guidate, gadgets, prodotti alimentari locali opportunamente vestiti per i superstiziosi». Un po’ più risentita si mostra invece Maria: «Che Colobraro porti male è una bufala, lo sanno tutti. Scendiamo in campo per difendere il nostro paese da questa calunnia che ci hanno affibbiato dagli anni ’50».

La maledizione di don Virgilio
Non solo chiacchiere, ma anche fatti documentati. Con tanto di sigilli storici apposti da fior di antropologi. Si scopre così che all’origine della «maledizione di Colobraro» ci sarebbe lo speciale «fluido» emanato da don Virgilio, potestà del paese negli anni ’40. Fu lui che un giorno minacciò: «Se non dico la verità, che possa cadere questo candelabro... ». In realtà si trattava di un enorme lampadario pieno di aculei che, dopo pochi secondi dall’anatema, si staccò dal soffitto uccidendo i malcapitati che avevano messo in dubbio la parola di don Virgilio.

Il paese vicino fa le corna
Il paese più vicino a Colobraro si chiama Viggianello dove, sui balconi, è tutto un fiorire (oltre che di basilico e prezzemolo) di corna di animali e monili scacciamalocchio direzionati verso il paese dirimpettaio. Il primo a riderne è il sindaco di Colobraro, l’avvocato Andrea Bernardo, che con la sua bella faccia allegra trasmette ottimismo, altro che funeste negatività... Ma, nel dubbio, molti continuano a toccare ferro. A cominciare dai carabinieri dei paesi limitrofi che - narra la leggenda - quando fermano per controlli di routine gli automobilisti colobraresi, non si azzardano mai a fargli contravvenzione. Motivo? La paura che il multato di turno possa augurargli qualcosa di poco gradevole... Anche negli uffici pubblici della regione dichiarare di essere di Colobraro, dà il via a un turbinìo di manovre scaramantiche e furtivi toccamenti. «D'altronde non possiamo pretendere una legge per eliminare la superstizione», commenta sconsolato l’ex sindaco di Colobraro, Domenico La Rocca.

Turismo esoterico
Ma non tutte le dicerie vengono per nuocere. Qualche anno fa, ad esempio, grazie al ritornello del paese sfortunato, è stata attuata un'iniziativa con la Regione Basilicata e l'Unione europea dal titolo «Progetto Colobraro, terra del magico e del fantastico». Il progetto ha portato, tra l’altro, alla realizzazione di 10 cartoline che ritraggono il paese tra saette fantasmi e trombe d'aria. Alla faccia delle malelingue, tiè.

Elettricisti impazziti
I vecchi di Colobraro sono una fucina di aneddoti: dall’uomo «vissuto con due cuori o tre polmoni… » alla «squadra di tecnici Enel impazziti dopo il crollo ripetuto dei pali appena piantati nel centro del paese».

Lo zampognaro investito
Scrive Giuseppe Cosco nel libro «Jella e anti jella»: «Il professor Ernesto De Martino racconta che con i suoi collaboratori, per motivi di studio, dovette recarsi a Colobraro vicino Matera. Appena giunto, chiese al primo cittadino di fargli incontrare uno zampognaro, perché voleva farlo riprendere con la cinepresa, per documentare il folklore del luogo, ma il povero zampognaro fu investito da un camion e rimase ucciso. Un assistente del De Martino si procurò varie ammaccature scivolando dalle scale dell'albergo, un giornalista del gruppo restò molto turbato, quando si accesero spontaneamente i fiammiferi che aveva nella tasca della giacca e uno dei fotografi si ritrovò all'improvviso un febbrone da cavallo. Tutti i componenti la comitiva riportarono incidenti più o meno gravi… ».
L’articolo è finito. Sono appena caduto dalla sedia e mi stanno portando all’ospedale...

Sogno di una notte a... quel paese (Colobraro).
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Edited by saro61 - 24/1/2015, 16:53
 
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