| ROCCO SCOTELLARO un grande poeta lucano
E' FATTO GIORNO
E' fatto giorno, siamo entrati in giuoco anche noi con i panni e le scarpe e le facce che avevamo. Le lepri si sono ritirate e i galli cantano, ritorna la faccia di mia madre al focolare.
CAMPAGNA
Passeggiano i cieli sulla terra e le nostre curve ombre una nube lontano ci trascina. Allora la morte è vicina il vento tuona giù per le vallate il pastore sente le annate precipitare nel tramonto e il belato rotondo nelle frasche.
LUCANIA
M'accompagna lo zirlio dei grilli e il suono del campano al collo d'un'inquieta capretta. Il vento mi fascia di sottilissimi nastri d'argento e là, nell'ombra delle nubi sperduto, giace in frantumi un paesetto lucano.
ALLA FIGLIA DEL TRAINANTE
Io non so più viverti accanto qualcuno mi lega la voce nel petto sei la figlia del trainante che mi toglie il respiro sulla bocca. Perché qui sotto di noi nella stalla i muli si muovono nel sonno perché tuo padre sbuffa a noi vicino e non ancora va alto sul carro a scacciare le stelle con la frusta.
LE FOGLIE DELLE PALME D'ULIVO
Sovrastano sguaiate cornacchie sui fumi dei comignoli in marzo. Accendiamo per le nostre zitelle le foglie delle palme d'ulivo: morse sobbalzano, anime penanti, dicono di sì e di no alle nostre turbate domande.
PER IL CAMPOSANTO
Quando passo, per la passeggiata, avanti il tuo cancello, papà mio bello che stai di casa oltre la murata, allora c'è la pica, se è sera, che ride, sono scostumato ché non ti saluto: mi rimandavi indietro sulla porta, avevi ospiti e forestieri, perché imparassi a dirti buonasera.
NEL TRIGESIMO DI MIO PADRE
In quei viottoli neri una serata di queste, sedevano le famiglie dopo cena ai gradini delle porte, contavano i defunti e i nati dell'estate che correva. E il contadino tardo che trascorse per i monti sul mulo con l'ultimo raccolto passava salutando i suoi compari. Una porta era deserta del compare scomparso un mese fa.
LA LUNA PIENA
La luna piena riempie i nostri letti, camminano i muli a dolci ferri e i cani rosicchiano gli ossi. Si sente l'asina nel sottoscala, i suoi brividi, il suo raschiare. In un altro sottoscala dorme mia madre da sessant'anni.
TU NON CI FAI DORMIRE CUCULO DISPERATO
Tutt'intorno le montagne brune è ricresciuto il tuo colore Settembre amico delle mie contrade. Ti sei cacciato in mezzo a noi t'hanno sentito accanto le nostre donne quando naufraghi grilli dalle ristoppie arse del paese si sollevano alle porte con un grido. E c'è verghe di fichi seccati e i pomidoro verdi sulle volte e il sacco di grano duro, il mucchio della mandorle abbattute.
Tu non ci fai dormire cuculo disperato, col tuo richiamo. Sì, ridaremo i passi alle trazzere, ci metteremo alle fatiche domani che i fiumi ritorneranno gialli sotto i calanchi e il vento ci turbinerà i mantelli negli armadi.
LA FIERA
Tornano lunga fila ad alta sera i mercanti della fiera. La mamma incappucciata al focolare s'arrossa al bianco degli occhi, e voi bimbi aspettate la motocarrozzetta, e tu, Angela, il ferro piccolo da stiro dal babbo che vi disse si partiva alla fiera di Madonna del Monte nella con valle tra Gròttole e Calandra. La sua voce si è dispersa nella casa, il suo volto l'avete incorniciato con pochi fiori secchi sulla mensola, il suo nome è scritto tra i caduti di una lontana zona Monastir dove le sue ossa sono giorno e notte calpestate dalle vacche d'un altro massaro come lui.
SUONANO MATTUTINO
La processione è cominciata già nella notte. vedo la fila dei mietitori toccano la stella l'unica rimasta in cima alla strada tortuosa. Nel mio viottolo budello i ferri dei muli sulle selci suonano mattutino.
IL CIELO A BOCCA APERTA
A quest'ora è chiuso il vento nel versante lungo del Basento. E le montagne vaniscono. E il cielo è fisso a bocca aperta. Si vede una fanciulla nella gabbia sopra la Murge di Pietrapertosa Chi sente il macigno che si sgretola d'un tratto sulle spalle? un rumore di serpente il treno nella valle? Ognuno è fedele alla sua posta. Hanno scovato le due cagne la lepre sul pianoro. Fugge come lo spirito riconosciuto.
PAESE D'INVERNO
Cosucce folte di comignoli arroventati e le focagne attizate dalle donne. E l'uomo fuori nel lato pastrano chiamava la mulattiera insonne alla zolla da districare.
VERDE GIOVINEZZA
C'è tempo quando abbondano lucertole nelle vigne e a qualcuna nuova coda inazzurra, quando nei campi spuntano covoni impazienti di fuoco e la cicala assorda e mi tappa l'orecchio alle campane, alle canzoni, al lungo richiamo di mamma che mi rivuole vicino e suo. Quando la fiumara è bianca… Allora mi voglio scolare l'orciuolo e coricarmi in terra senza memoria più della verde giovinezza.
MIETITORI
Hanno alloggiato sulla nostra piazza un mese. Il mietitore leccese è partito per ultimo con la sua bicicletta da passeggio.
OTTOBRE
L'estate si trascina i cardi inariditi e la mosca pusillanime, le strade sparse di paglia, il vuoto alle finestre, il prezzemolo verde ancora e il garofano nei vasi ora che Ottobre s'impone. Ottobre è là: quella nuvola nera attesa sulla collina piegata dai tocchi della sera.
LA TREBBIATURA
Cessa il motore della trebbia, le foglie del granturco tremano, il paese è nella trama bruna.
Case, madonne incagnate, dormiremo alla mèta della paglia, già il cielo si frastaglia, nel contrasto dei venti nasce per noi la punta della luna.
I VERSI E LA TAGLIOLA
Con la neve si para la tagliola e si aspettano i gridi dei fringuelli. La maestra ai bimbi della scuola legge un verso d'amore per gli uccelli. Mi piacevano i versi e la tagliola.
LE VIOLE SONO DEI FANCIULLI SCALZI
Sono fresche le foglie dei mandorli i muri piovono acqua sorgiva si scelgono la comoda riva gli asini che trottano leggeri. Le ragazze dagli occhi più neri montano altere sul carro che stride, Marzo è un bambino in fasce che già ride.
E puoi dimenticarti dell’inverno: che curvo sotto le salme di legna recitavi il tuo rosario lungo freddi chilometri per cuocerti il volto al focolare.
Ora ritorna la zecca ai cavalli, ventila la mosca nelle stalle e i fanciulli sono scalzi assaltano i ciuffi delle viole.
GIA’ SI SENTONO LE MELE ODORARE
Già si sentono le mele odorare e puoi dormire i tuoi sonni tranquilli, non entra farfalla a prendere il giro attorno al lume. Ma non ho mai sentito tante voci insolite salirmi dalla strada i giorni ultimi di ottobre, il padre m’inchiodava alla cassa, la sorella mi cuciva le giubbe ed io dovevo andarmene a studiare nella città sconosciuta! E mi sentivo l’anima di latte alle dolci parole dei compagni rimasti soli e pudichi alle porte.
Ora forse devo andarmene zitto senza guardare indietro nessuno, andrò a cercare un qualunque mestiere. Qui uno straccio sventola sui fili e le foglie mi vengono a cadere delle mele che odorano sul capo.
CAMMINANO SULLE ZAMPE DEI GATTI
Improvvisa la sera ci ha toccati me, le mie carte, la pezza di luce sui mattoni della stanza. E' tanto imbrunito che mi sento addosso paura. Ha ripreso la vita dei piccoli rumori. Sono sui tetti le anime dei morti del vicinato, camminano sulle zampe dei gatti. FONTE DAL WEB
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