LA FERITA CHE SI RIAPRE

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saro61
CAT_IMG Posted on 26/8/2016, 02:42     +1   -1




LA FERITA CHE SI RIAPRE



Di Caterina Arrigoni il 25/08/2016





CATERINA ARRIGONI


E tornano alla mente quei terribili ricordi.

Il pianto improvviso di mia figlia di sei mesi appena, che fino a un minuto prima dormiva serena nella sua culla, io che la sento e voglio raggiungerla, ma uno strano movimento ondulatorio me lo impedisce. Sento urla nelle scale, sono sola, mio marito ha portato il figlio più grande con se, saranno in pericolo?

E intanto la mia piccola urla, allora mi butto a terra e strisciando riesco a raggiungere la porta.

Mi alzo e corro verso quelle urla, non sento più quel movimento, sento il pianto di spavento della mia bambina, afferro con tutta la mia forza la coperta del mio letto, avvolgo la piccola e corro verso la porta di ingresso, ma non riesco ad aprirla, c’è una chiusura di sicurezza, non ci riesco, sto per cedere anche io alla paura ma non devo, non posso, ho la piccola che nelle mie braccia si sente sicura, ha smesso di piangere.

Faccio un altro tentativo, difficile con la bimba in braccioe l’ingombro della coperta matrimoniale con la quale la tengo avvolta. Finalmente si apre, c’è la signora di fronte che trascina per le scale la madre anziana, non so che dice, sento pianti, ma io sono ad un passo dalla salvezza e quando finalmente ho oltrepassato il portone, mi rendo conto di quel che è successo.

Mia figlia è salva, io sono in vestaglia e ho freddo, ma penso a mio figlio e a mio marito che, per fortuna, dopo un po’ arrivano. Mi raccontano di aver visto le pareti della cucina di mia suocera aprirsi e di esser subito scappati scendendo per le scale, mentre la poverina urlava di non farlo. Dio mio, penso tra me eme, hanno rischiato, le scale potevano crollare!

Ma ora sono qui, sani e salvi e quel movimento non c’è più. Tanta gente in strada, molti li conosco, piangono, corrono e noi che facciamo?

Mentre ci abbracciamo, si avvicinano i nostri coinquilini marchigiani e ci chiedono se abbiamo un ricovero per la notte. Mio marito fa il coraggioso “penso che rientreremo, dice sicuro, perché abbiamo i bambini e non sapremmo dove andare” . “Poi, continua, “queste case sono sicure”!

Ma io non resto in silenzio, comincio a sentire una strana sensazione nello stomaco, mi gira la testa, sto per rimettere, e dico con voce rotta da un improvviso pianto: “No, io non entro in casa”.

La signora Dal Pozzo, una splendida marchigiana che abita al terzo piano, mi viene a soccorrere, ha con se la valeriana e mi mette dieci di quelle gocce sulla lingua. Poi mi dice decisa che possono ospitarci nel loro cantiere, hanno un prefabbricato munito di lettini e stufe e staremo bene. Si, dico decisa, grazie, grazie, ma mia figlia comincia a piangere, ricordandomi che è passata l’ora della sua pappa, ed io solo ora me ne rendo conto.

Mio marito mi dice che entrerà in casa a prendere l’occorrente ed io vengo presa dal panico, non voglio che ci lasci soli, non voglio che metta in pericolo la sua vita, e sto lì immobile, infreddolita, in vestaglia, pur pensando che mia figlia, sotto la grande coperta che la avvolge, ha solo il pigiamino.

La signora mi accarezza per calmarmi e si offre di guardare i bambini, se proprio dobbiamo salire in casa.

C’era sempre stato un bel rapporto con lei. La ammiravo per la sua bellezza, ma anche per l’educazione e la simpatia. Ci fermavamo sulle scale a scambiarci qualche parola, e lei era sempre così affettuosa con i miei bambini. Non aveva potuto avere figli e trattava i miei con immensa dolcezza, quella dolcezza che si legge sul volto delle donne che hanno il grande desiderio di diventare mamme !

Guardai la mia piccola che si lamentava per fame e il grande (aveva solo cinque anni il mio ometto) sorridente come sempre,che non appariva per niente spaventato. Era stato bravo mio marito ad inventare un gioco, mentre scendevano le scale dal terzo piano dell’appartamento di sua madre, ma quanto avevano rischiato!!!!!

Capii che dovevo rientrare in casa, la mia piccola aveva bisogno del suo latte caldo e dei suoi indumenti, ed io dovevo vestirmi e pensare alla notte che avremmo passato fuori casa nel prefabbricato.

Così, con quella forza che da certe passate sventure ho guadagnato, accettai la mano sicura e affettuosa di mio marito,e insieme salimmo nel nostro appartamento.

La porta era spalancata, ma non c’era il disastro che mi aspettavo, oltre alla vetrinetta del soggiorno spalancata, dalla quale erano caduti piatti e bicchieri che s’erano frantumati sul pavimento del soggiorno.

Corsi in cucina, accesi il fuoco e preparai il latte, mentre mio marito metteva in una borsa tutto l’occorrente per la notte.

Mi vestii, non ricordo come, e fuggimmo.

Passai una notte tranquilla, nel prefabbricato e al caldo, guardando i miei figli e pensando a quanto illusorio fosse quel senso di sicurezza che si ha stando in casa, a quantafragilità è nell’essere umano di fronte alla prepotenza della natura.

Io ero sana e salva con la mia famiglia, potevo sorridere e ritenermi fortunata, ma quantistavano piangendo i loro morti, quanti aspettavano di sapere se dalle macerie delle loro case sarebbe uscito vivo un figlio, una madre o un padre?

Capii quale fosse la necessità della preghiera, il senso di affidarsi ad una immagine, di riconoscersi indifesi, impotenti, nullità di fronte all’indefinibile e indefinito contenitore di umanità!

Ma ora, per chi sta passando il nostro stesso inferno di paure e incertezze, muoviamoci, non solo con le preghiere, ma con aiuti concreti. Io sono pronta!!!



CATERINA ARRIGONI
fonte www.talentilucani.it/la-ferita-si-riapre/
 
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